lunedì 8 giugno 2015

Andar per giardini lombardi coi consigli di Philippe Daverio

La scusa è Expo 2015: nel bene o nel male nei prossimi mesi attirerà numerosi turisti in quel di Milano, e giustamente in libreria si stanno moltiplicando le guide turistiche per visitare il capoluogo lombardo in tutti i suoi aspetti più originali. Milano chic, Milano Vuitton, Milano inesplorata, Milano in scatola, Milano bevuta e tracannata... Milano e Lombardia con Daverio, questa è la versione che preferisco.

"La buona strada. 127 passeggiate d'autore a Milano, in Lombardia e dintorni", per le edizioni Rizzoli, è la raccolta finale di tutti gli articoli di Philippe Daverio comparsi sul Corriere della Sera per l'omonima rubrica settimanale "La buona strada".
Una volta di più, il critico d'arte di origini francesi pone il suo sguardo su degli obiettivi vicini (in questo caso, una selezione di mete lombarde da visitare) per focalizzarli all'interno di un contesto più ampio: il cosiddetto Museo diffuso è una scusa per poter parlare delle vie centrali di Milano tra Risorgimento ed epoca napoleonica; Crespi d'Adda, ora patrimonio dell'Unesco, apre a una considerazione sulla storia dell'industria bergamasca e lombarda; il castello di Soncino rievoca gli antichi asti tra gli Sforza e la Serenissima.

Tutti i disegni del libro sono di Antonio Monteverdi.

E i giardini? Non mancano i giardini. Quelli più noti, Villa Taranto, Villa del Balbianello, l'isola del Garda, che per quanto battuti dal turismo non smetteranno mai di incantare i visitatori; quelli più piccoli o meno conosciuti, Villa Necchi Campiglio, il ciliegio del chiostro della Collegiata dei Santi Nazaro e Celso a Brescia, i paesaggi dipinti nella Cappella Suardi a Trescore Balneario a Bergamo, sono spunti di viaggio per chi ama la sensazione di essere tra i pochi ad apprezzare (i giapponesi insegnano) ciò che ai molti sfugge.


Sfogliando queste pagine, si ha quasi l'impressione di non aver mai visto -davvero, a fondo- la Lombardia, e che qualcosa ci sia sfuggito di una regione che forse non è solo l'emblema della ricchezza e dell'imprenditoria italiana. Fuori da Expo, c'è ancora qualcosa da vedere che non sia per forza da comprare.